Rubrica “PSICOLOGIA DELLE EMOZIONI” di Diego Ingrassia – “GESTIONE DELLE EMOZIONI: LA RABBIA”
per PSICOLOGIA CONTEMPORANEA – Gelosia – n. 276, Novembre-Dicembre 2019 – GIUNTI EDITORE
CI SONO CASI IN CUI È UTILE SFOGARE LA PROPRIA RABBIA, MA CE NE SONO TANTI ALTRI IN CUI SI DOVREBBE ATTINGERE A FORME DI “CREATIVITÀ EMOTIVA” PER EVITARE IL CONFLITTO
La natura della scrittura su carta stampata, insieme a ragioni legate alla programmazione editoriale, determinano tempi molto diversi da quelli della scrittura istantanea, figlia degli strumenti digitali che ognuno di noi porta in tasca e della gestione un po’ nevrotica del tempo alla quale ormai siamo abituati. Così, da questo istante in cui voi state iniziando a leggere l’articolo che avete davanti agli occhi, al momento in cui io sto scrivendo, sono passati più o meno tre mesi e, come abbiamo già visto insieme, il tempo è una dimensione molto importante quando ci occupiamo di gestione delle emozioni.
Ieri quasi tutti i notiziari hanno aperto riportando un grave fatto di cronaca accaduto nei pressi di San José, in California. Durante una manifestazione estiva dedicata al cibo, il Gilroy Garlic Festival, un ragazzo di 19 anni ha aperto il fuoco sulla folla uccidendo quattro persone, tra cui un bambino di 6 anni, e ferendone un’altra dozzina. I fatti, come sempre accade in queste situazioni, non sono ancora del tutto chiari e molti particolari della vicenda sono in via di definizione, i vari lanci di agenzia riportano comunque che, prima di essere colpito a morte dagli agenti intervenuti sul posto, un testimone ha sentito l’attentatore gridare che “era molto arrabbiato”. Il presidente Trump nelle stesse ore ha twittato: “Chi ha sparato non è ancora stato fermato. State attenti!”
Al di là del fatto specifico, che per la gravità del gesto non è paragonabile a tante altre situazioni apparentemente più normali nelle quali esplode la rabbia, sono molti invece gli elementi interessanti sui quali riflettere per elaborare un percorso finalizzato a una gestione consapevole di questa emozione.
La rabbia è un’emozione molto temuta per le reazioni incontrollate che può generare e per questo percepita quasi sempre in modo negativo. Può essere estremamente distruttiva perché altera la capacità dell’individuo di elaborare le informazioni e di esercitare un controllo cognitivo sul proprio comportamento. Una persona arrabbiata perde lucidità, cautela e buon senso, non a caso viene descritto come “cieco dalla rabbia”, e questo comportamento si rivela spesso fortemente contagioso condizionando anche le reazioni delle persone indirettamente coinvolte.
Queste considerazioni sono molto importanti quando ci troviamo ad analizzare come queste dinamiche si sviluppano nei luoghi di lavoro. Secondo l’associazione britannica Anger Management, molte persone hanno problemi nella gestione di questa emozione, il dato da loro riportato dice che il 40% dei lavoratori si arrabbia regolarmente, manifestando in modo evidente il proprio disagio durante le ore di lavoro. La rabbia, come le altre emozioni primarie, ha un fattore scatenante universale: qualcuno o qualcosa che interferisce con quello che stiamo facendo impedendoci così di raggiungere il nostro obiettivo. Non è difficile immaginare come questo pensiero possa svilupparsi nell’ambito di relazioni conflittuali. L’occasione, molto spesso, non è altro che “la goccia che fa traboccare il vaso”: un insieme di situazioni precedenti che si accumulano a livello inconscio, perché male affrontate, sopportate, spesso ignorate, di frequente subite.
Ci arrabbiamo quindi contro qualcuno, ma a volte anche nei confronti di entità non ben definite. Ogni individuo possiede soglie di innesco e tempi di attivazione della rabbia diversi. Le situazioni che percepiamo contro di noi, oppure le ragioni che offendono i nostri valori e principi morali, sono determinate da trigger legati alla nostra esperienza individuale insieme ad altri appresi culturalmente.
Conoscendo il trigger universale e la funzione adattiva della rabbia, sappiamo che quando scatta questa emozione tutta la nostra energia sarà indirizzata a rimuovere l’ostacolo che si frappone tra noi e l’obiettivo, con un comportamento teso a portarsi a casa, in qualche modo, il risultato, a discapito di chiunque altro. Proprio per questa evidente necessità di azione, molti sostengono che sfogare la rabbia sia una scelta strategica utile. In realtà, non solo dobbiamo considerare come questo comportamento ci venga di fatto impedito da regole sociali comunemente accettate, ma gli esiti di alcune ricerche del professor Brad Bushman dell’Ohio State University, svolte con differenti gruppi coinvolti in situazioni conflittuali, dimostrano come il gruppo che aveva potuto sfogarsi colpendo un sacco da box aveva accumuli di rabbia maggiori del gruppo a cui era stato chiesto semplicemente di aspettare.
Abbiamo iniziato questo articolo mettendo a confronto diverse percezioni del tempo, i dati che emergono dalla ricerca ci insegnano che rimanere in attesa ci permette di uscire dal periodo refrattario (la fase durante la quale siamo totalmente immersi negli effetti dell’emozione) più velocemente e ripristinare le condizioni emotive iniziali. Se riusciamo a superare l’impulso immediato di scagliarci in modo distruttivo contro l’ostacolo del momento, emerge che il modo più salutare ed efficace per affrontare la rabbia è cercare di mantenere il controllo, prendere contatto con i segnali che il nostro corpo ci sta inviando e, attraverso questa consapevolezza, sfruttare questa energia per un cambiamento positivo.
La rabbia può allora favorire un processo di crescita, e quando questa riguarda situazioni di relazione possiamo anche provare a concentrarci sull’obiettivo che la persona con cui stiamo discutendo desidera ottenere (comprendere il suo bisogno), e chiedersi se è possibile conciliarlo con il nostro, evitando sterili contrapposizioni (escalation di forza). Operare nella ricerca di una via di uscita che, in qualche modo, soddisfi entrambe le parti non è facile, perché si discosta molto da forme di contrapposizione stereotipate a cui siamo fin troppo abituati. Richiede disponibilità, apertura mentale e un po’ di flessibilità, che in alcune occasioni attinge anche da un pensiero creativo. Non è facile, ma è una sfida interessante che contribuisce a sviluppare la nostra intelligenza emotiva.
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