Cosa si intende quando si dice che un’emozione è positiva o negativa? Quando usiamo il termine “negativo” non sappiamo a quale emozione si riferisce. È la paura, la rabbia, il disgusto, o il fatto che non abbia importanza? Se uniamo le varie emozioni non riusciamo a definire quale sia più importante di un altra, dato che ognuna ha un profilo diverso, dei segnali diversi, un contesto sociale diverso, una fisiologia diversa, ecc. E ognuna di queste cosiddette emozioni negative può avere una funzione molto positiva, come per esempio, mobilitarci per scappare dal pericolo. Inoltre, non è raro che le persone godano nel provare le cosiddette emozioni “negative”; c’è chi ama leggere libri strappalacrime, chi adora vedere film di paura e persino chi cerca esperienze collegate a queste emozioni definite negative.
In questa sede propongo la possibilità di considerare l’esistenza di almeno 16 diverse emozioni piacevoli, ognuna differente dall’altra, proprio come la rabbia è diversa dalla paura. Non ci sono molte prove a sostegno di queste distinzioni, ma non ce ne saranno se continuiamo a metterle insieme con la patina di emozioni di felicità. Dati i limiti di spazio posso fare poco più che nominarle, ma nel mio libro “Emotions Revealed”, le elaboro maggiormente.
Le 16 emozioni piacevoli che possiamo provare
I primi cinque sono i piaceri sensoriali derivati dal gusto, dall’odore, dal tatto, dalla vista e dall’ udito. Fredrickson e Branigan (2001) sostengono che queste non dovrebbero essere considerate emozioni perché non richiedono una valutazione. Ma il piacere provato assistendo a un tramonto implica meno valutazione della paura provata quando una sedia crolla? Molto di ciò che fornisce piacere sensoriale comporta una valutazione e spesso molto ampia.
Una delle emozioni piacevoli più semplici è il divertimento. Alla maggior parte di noi piace essere divertiti da qualcosa; alcuni di noi sono molto simpatici e si relazionano con gli altri attraverso battute e umorismo che fluiscono senza sforzo.
Quando tutto sembra a posto nel mondo, quando non c’è niente che sentiamo di dover fare, proviamo invece soddisfazione.
L’eccitazione nasce in risposta alla novità e alla sfida. Tomkins (1962) considerava l’eccitazione l’estremità superiore dell’interesse, come ha fatto Izard (1971) dopo di lui. Tuttavia, credo che l’eccitazione abbia un suo sapore unico, a parte l’interesse (anche se sembra improbabile che si possa essere eccitati da qualcosa di non interessante).
Il sollievo è l’emozione piacevole che si prova quando qualcosa che ci aveva fortemente scosso, si placa. A differenza della maggior parte delle altre emozioni, il sollievo richiede che ci sia stata una precedente emozione non piacevole, tipicamente la paura.
La meraviglia è un’emozione rara in cui ci si sente sopraffatti da qualcosa di incomprensibile. Penso che sia importante distinguere la meraviglia dalla paura, anche se le due possono fondersi quando facciamo fatica ad afferrare ciò che ci minaccia.
L’estasi è uno stato di rapimento autotrascendente, raggiunto da alcuni attraverso la meditazione, da altri attraverso esperienze nella natura, e da altri ancora attraverso un’esperienza sessuale con una persona veramente amata.
La fierezza denota orgoglio e successo. Non è necessario che ci sia una gara; “triumph” è la parola inglese per quest’emozione quando c’è una gara con gli altri. La fierezza è un’emozione molto importante che motiva l’ambizione e la realizzazione.
“Naches” è la parola yiddish he si riferisce all’orgoglio che un genitore (o mentore) prova per la realizzazione della prole. L’orgoglio assicura l’investimento dei genitori nel facilitare la crescita e i risultati dei figli.
Il piacere della disgrazia altrui indica il sentimento piacevole provato quando si apprende che il proprio nemico ha sofferto. A differenza delle altre emozioni piacevoli, questa è disapprovata in alcune culture. Spesso, non “dovremmo” gongolare per i nostri successi né godere delle disgrazie dei nostri rivali.
L’elevazione è l’emozione piacevole provata quando si assiste ad atti inaspettati di bontà umana, gentilezza o compassione. Può motivarci a impegnarci noi stessi in tali azioni.
In uno dei suoi ultimi articoli Richard Lazarus (e sua moglie Bernice) ha scritto sulla gratitudine come “apprezzamento per un atto altruistico che fornisce beneficio” (2001). Quando qualcuno fa qualcosa di carino per noi, che non gli porta beneficio, proviamo gratitudine. È un’emozione che ha sensazioni fisiologiche molto forti e può combattere i sentimenti di stress e ansia.
Segnali delle emozioni di felicità
Sono abbastanza convinto che il volto non fornisca segnali distintivi per ciascuna di queste emozioni piacevoli. Una qualche versione di quello che ho chiamato il sorriso di Duchenne (1990) può essere visto in ognuna delle emozioni sopra elencate, anche se la dinamica temporale e l’intensità possono variare. Sostengo (1992) invece che sia la voce a fornire il segnale distintivo per ciascuna di esse. Pensate per un momento al suono del sollievo rispetto al suono del divertimento. Scott e Calder hanno finora identificato un segnale vocale diverso per le quattro emozioni piacevoli che hanno studiato. Credo che se ne troveranno altri.
Il ruolo del divertimento e il futuro della ricerca sulle emozioni
Queste emozioni piacevoli motivano la nostra vita; ci inducono a fare cose che in generale sono buone per noi. Ci incoraggiano a impegnarci in attività che sono necessarie per la sopravvivenza della nostra specie, compresa la riproduzione e la facilitazione della crescita dei bambini. Come Tomkins (1962), credo che la ricerca del piacere sia una motivazione primaria nella nostra vita. Ma quale emozione piacevole perseguiamo maggiormente? Tutti possiamo provare tutte queste emozioni, ma la maggior parte di noi ne preferisce alcune più di altre. Le persone organizzano la loro vita per massimizzare l’esperienza di alcuni di questi piaceri.
Ci sono davvero 16 emozioni piacevoli? Solo la ricerca che esamina quando si verificano, come vengono segnalate e cosa avviene internamente, può rispondere a questa domanda. Per ora credo che dovremmo indagare su ognuna di esse. Se stiamo usando un compito di memoria non dovremmo chiedere a qualcuno di ricordare un’esperienza felice, ma dovremmo specificare quali di queste esperienze felici vogliamo che vengano recuperate. Se stiamo cercando di identificare il segnale, vocale, facciale o posturale, non dovremmo più chiedere alle persone di posare la felicità, ma piuttosto chiedere alla persona di posare il divertimento, o il sollievo, ecc. È solo facendo queste distinzioni che scopriremo quante se ne devono fare.
LIBERAMENTE TRADDOTTO DA PAUL EKMAN GROUP
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