“Brain rot” è un’espressione che suona come una diagnosi clinica, e in effetti lo è, solo che il malato è il pensiero critico. Letteralmente significa “marciume cerebrale” e viene usata per descrivere una forma di decadimento mentale causata da un uso passivo, ripetitivo e superficiale della tecnologia: scroll infiniti, contenuti usa e getta, stimoli lampo che impediscono l’elaborazione e la riflessione.
L’etimologia è brutale e non lascia spazio a romanticismi: rot vuol dire “marcire“. Non è un malessere passeggero, è un logoramento progressivo. Non colpisce solo gli adolescenti su TikTok, riguarda un po’ tutti, compresi i professionisti, i manager e i team all’interno delle organizzazioni.
Nelle aziende il Brain rot assume forme subdole, come le riunioni-fotocopia in cui ci si limita a ripetere quanto già detto nei mesi precedenti. Oppure i progetti con la parvenza di novità, ma che in realtà si limitano a una grafica diversa. O ancora, le tante decisioni prese per automatismo, senza mai uscire dal tracciato. Nessuno vuole più soffermarsi a pensare. È faticoso e richiede tempo.
Una domanda che dovremmo farci è: siamo ancora disposti a prenderci il tempo necessario per produrre qualcosa che abbia senso? È triste vedere che il pensiero si sia fatto accessorio e che ci affidiamo sempre di più all’intelligenza artificiale perché preferiamo soluzioni rapide.
L’IA rappresenta uno strumento potente, ma se utilizzata senza consapevolezza, rischia di spegnere quella scintilla creativa che ci rende umani e di anestetizzarci sempre di più.
Un paradosso che spesso passa inosservato è che in un’epoca in cui la tecnologia ci offre infinite possibilità per amplificare la nostra mente, noi la usiamo per ridurre lo sforzo mentale al minimo indispensabile. Se ci fermiamo un attimo a riflettere, appare chiaro che il problema non è tanto l’intelligenza artificiale, ma cosa noi siamo ancora disposti a fare con la nostra testa.
Il punto, quindi, non è fare meno, come spesso si sente dire, ma fare meglio. Pensare meglio. E per farlo serve resistenza mentale, allenamento culturale e spazio per il dubbio. Le aziende che avranno il coraggio di dare spazio al pensiero critico, invece di appiattire ogni processo sulla mera efficienza, saranno le uniche capaci di distinguersi nel rumore di fondo.
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